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Aprilia RS660: la grande scommessa

Presentata in versione concept a EICMA 2018 ed entrata in produzione nella seconda metà del 2020, l’Aprilia RS660 è una sportiva stradale di media cilindrata. È spinta da un motore bicilindrico parallelo da 100 cavalli, gestito da un sofisticato pacchetto elettronico. Entrambi sono derivati dalla prestigiosa Aprilia RSV4. È venduta al prezzo di 11.050 euro.

La Grande scommessa

L’Aprilia RS660 non è una sportiva pura, ma una moto equilibrata, che coniuga prestazioni e guidabilità. È dunque un mezzo (quasi) unico nel suo genere.

Le possibili concorrenti per categoria hanno cilindrate più alte. Ad oggi che scriviamo, sono: Ducati Super Sport 950, BMW R1250 RS, Kawasaki Ninja 1000SX e Suzuki GSX-S1000F. Mentre le (poche) concorrenti per cubatura, sono sportive a quattro cilindri. Vedi Honda CBR650R, Kawasaki ZX-6R o Yamaha R6. Quest’ultima, dal 2021 sarà disponibile soltanto in versione pronto-pista.

L’unico modello che si inserisce nella stessa fascia di mercato dell’Aprilia RS660 è la Kawasaki Ninja 650. Come l’italiana, è una sportiva carenata con motore bicilindrico indirizzato all’uso stradale. La triangolazione sella-pedane-manubrio garantisce una posizione di guida turistica. Ma oltre questi dettagli, le due moto sono molto diverse.

La RS660 è un mezzo di fascia premium, che adotta soluzione tecniche e materiali costruttivi di alta gamma. La Ninja 650 è una moto più economica, pensata per chi cerca un mezzo versatile e senza troppe pretese.

L’Aprilia RS660 rappresenta dunque una grande scommessa per la casa di Noale. Dopo anni di incertezze dirigenziali e poco edificanti risultati sportivi, si gioca il rilancio con un mezzo qualitativamente sovradimensionato per una cilindrata e un settore di riferimento oggi marginali sia per pubblico che per costruttori, e in cui la stessa Aprilia non ha mai primeggiato.

Per capire dunque se la scommessa possa funzionare, proviamo a tornare indietro di trent’anni.

Vinci la domenica, vendi il lunedì

La competizione motociclistica di riferimento è sempre stata il Motomondiale. È l’equivalente della Formula 1 su due ruote: un campionato costoso, prestigioso ed elitario, che si corre con prototipi.

Nel 1988 è nata però la Superbike. Per tutto il decennio successivo, questo campionato si è conteso l’attenzione del pubblico col Motomondiale, grazie a una formula semplice e di successo: portare su scala globale e a livello agonistico le competizioni locali, facendo correre i piloti con le migliori sportive derivate di serie, le stesse che gli spettatori il lunedì trovavano in concessionaria.

Da un punto di vista commerciale, vincere in Superbike equivaleva a scalare le classifiche di vendita. Per questo i costruttori iniziarono a interessarsi a questa competizione, arrivando a investire ingenti capitali per realizzare modelli ad hoc, non diversamente da come facevano nel Motomondiale. L’esempio più famoso è stato quello della Honda, quando, nel Duemila, presentò la bicilindrica VTR SP1/2 per contrastare il dominio Ducati.

Supersport

La Superbike aveva una sorella minore, la Supersport, un campionato identico ma dedicato alle cilindrate inferiori. La classe principale infatti correva con le “mille”, moto che ogni anno diventavano sempre più potenti, sofisticate e costose. Rappresentavano il fiore all’occhiello di ogni casa motociclistica. Non per tutti quindi. Le alternative in scala ridotta, le “seicento”, erano moto meno estreme ma altrettanto valide. Capaci di soddisfare il sogno dei più giovani o meno esperti ed esigenti motociclisti, a cavallo del secolo divennero le più vendute e desiderate.

L’Aprilia però, che sul finire dei Novanta arrivò a essere il primo costruttore europeo per volumi di vendita, non era presente nella categoria Supersport. Né si distingueva nella Superbike. La casa di Noale andava forte, anzi, fortissimo, nelle piccole cilindrate: 125cc e 250cc.

L’Aprilia nelle corse

La storia sportiva di Aprilia inizia negli anni Settanta col motocross. Ma è nel 1985 che debutta nella classe 250 del Motomondiale con l’AF1, guidata da Loris Reggiani.

Nel 1992 la AF1 viene sostituita dall’iconica RS, progettata dall’ingegnere olandese Jan Witteveen, con cui l’Aprilia ottenne buona parte dei suoi 54 titoli mondiali, divenendo una delle case motociclistiche più competitive al mondo.

L’Aprilia è stata la prima casa motociclistica a intuire che il successo in pista poteva essere un ottimo volano per la vendita commerciale. I suoi modelli stradali riprendevano nomi e livree delle moto che gareggiavano nel Motomondiale, sfruttando la crescente popolarità della nuova generazione di piloti che correva, e vinceva, con le sue moto. Da Loris Reggiani a Valentino Rossi, che con l’Aprilia vinse nel 1997 e nel 1999.  E poi Max Biaggi, tre titoli mondiali nel 1994, ’95 e ’96. Loris Capirossi, Roberto Locatelli e Marco Melandri, rispettivamente nel 1998, 2000 e 2002. E Jorge Lorenzo, con due titoli nel 2006 e 2007. La lista è, naturalmente, più lunga.

Puntare in grande

La casa di Noale dominava nelle piccole cilindrate, ma era pressoché assente nelle grosse. Così, nel il 1994, tentò un’incursione nella Classe 500, con la RSW. Un progetto che non si rivelò vincente, a causa di alcuni limiti progettuali che ne decretarono il fallimento e il ritiro.

Più fortunata invece è stata la prima parentesi Superbike. L’Aprilia progettò una bicilindrica di grossa stazza che, nelle intenzioni del presidente Ivano Beggio, doveva porsi in antitesi alla grazia espressa dalla Ducati 916 di Massimo Tamburini.

Nacque così, dalla mano del designer Giuseppe Ricciuti, la RSV 1000. Una moto che per certi versi ricordava una RS 250 sotto steroidi, a partire dal nome, a cui si aggiungeva la “V” che richiamava la configurazione del motore bicilindrico prodotto dall’austriaca Rotax.

Debuttò nel campionato nel 1999. Prima col team De Cecco Racing, poi con la squadra ufficiale. Portando così l’Aprilia a essere l’unica casa motociclistica, insieme alla Honda, a essere impegnata in tutte le classi del Motomondiale e nella Superbike.

La RSV 1000, in cinque anni di attività, ottenne due terzi posti assoluti (2000 e 2001 con Troy Corser). Non brillò, ma non fu questo il motivo per cui, nel 2003, fu ritirata dalla competizione. Quell’anno infatti, una modifica al regolamento Superbike impose l’uso di motori quattro tempi, come già avvenuto l’anno prima nel Motomondiale, che stava progressivamente abbandonando le storiche 500 in favore delle 1000.

L’era MotoGP

La nascita della MotoGP portò a una sovrapposizione delle due massime competizioni sportive su due ruote. Per un produttore non aveva senso investire nello sviluppo di due moto simili per farle gareggiare in due campionati simili. Così molte case motociclistiche si ritirarono, in veste ufficiale, dalla Superbike e puntarono tutto sulla nascente MotoGP. Sia per il prestigio che da sempre aveva contraddistinto il Motomondiale, sia perché la nuova generazione di piloti, tra i quali Valentino Rossi, lo stava rendendo mediaticamente più attraente e redditizio per gli sponsor.

L’Aprilia fu una di queste. Nel 2002 riprese la partecipazione nella massima competizione col progetto RS Cube, attraverso il quale doveva riscattarsi dal fallimento della RSW e dare continuità ai piloti che, nelle cilindrate inferiori, vincevano con le sue moto. Non fu così, e il progetto naufragò dopo tre stagioni.

La RS Cube, per quanto all’avanguardia, non produsse risultati. E insieme ad altre rischiose scelte aziendali (come l’acquisto e il fallito rilancio del marchio Moto Guzzi), portò l’Aprilia sull’orlo del fallimento. Tant’è che, nel 2004, la casa di Noale fu acquistata dalla Piaggio.

Si aprì così a un periodo fatto di alti e bassi, in cui la casa di Noale sembrava aver smarrito la bussola tanto nei modelli stradali, quanto nelle competizioni. Nel giro di qualche anno, con l’arrivo della Moto 2 e Moto 3 in sostituzione della classe 125 e 250, si ritirò anche dalle classi del Motomondiale in cui primeggiava.

lI primo rilancio

Nel 2009, sotto supervisione del gruppo Piaggio, arriva la RSV4, a cui viene affidata l’eredità sportiva e il rilancio del marchio, rompendo con la tradizione.

Interamente prodotta in casa, motore compreso – una novità, dato che l’Aprilia aveva sempre equipaggiato le sue moto con motori Rotax – l’RSV4 è una super sportiva spinta da un compatto motore quattro cilindri a V ­– altra novità, dato che l’Aprila aveva sempre usato il bicilindrico – capace di erogare, nella versione da pista, oltre 200 cavalli, e 180 in quella stradale.

Il progetto, nato per competere nella Superbike e costato oltre 20 milioni di euro, vincerà tre titoli mondiali. Due con Max Biaggi, nel 2010 e nel 2012, e uno con Sylvain Guintoli nel 2014, più un titolo costruttori nel 2013.

Il suo vero merito però è stato un altro, raggiunto fuori pista. Probabilmente, insieme alla prima supersportiva BMW, la S1000RR, la RSV4 ha ridato lustro e interesse alle superbike. Non tanto come modelli con cui fare grossi volumi di vendita, come vent’anni prima. Quanto come puri esercizi di stile, volti a stabilire lo stato dell’arte del settore.

Sotto questo aspetto, l’RSV4 è una delle moto più prestigiose oggi in circolazione. Nonostante il progetto abbia oggi oltre di dieci anni, continua a essere competitivo, grazie ai continui aggiornamenti che Aprilia gli dedica. L’ultimo, in ordine di tempo, è arrivato proprio nel 2021. Oltre agli affinamenti tecnici ed elettronici, vede il look dell’ammiraglia riprendere il family feeling della sorella piccola: la RS660.

Eccessi di esclusività

Ma questo continuo gioco al rialzo, che sopperisce alla mancanza di risultati concreti nel mondo delle corse e di denaro nel settore ricerca e sviluppo, ha portato Aprilia a chiudersi in una nicchia d’eccezione che trascura i nuovi sviluppi di mercato. Come, ad esempio, il crescere delle naked-sportive in favore delle super-sportive. O l’affermarsi delle adventure-bike come moto più versatili e vendute in Europa.

Un ruolo che mal si addice alla casa di Noale. Solo vent’anni prima non seguiva il mercato, ma lo anticipava, con moto come la Caponord, la Falco, la Futura, la Tuono, la Motò (disegnata da Philippe Starck), la Pegaso (sulla cui base nacque la BMW F650) e la Tuareg. Più il settore scooter, che dava ai clienti della casa di Noale una trasversalità di proposte pari solo a quelle di un colosso come Honda.

Nel 2021 sono uscite di scena la Shiver e la Dorsoduro, le uniche alternative user-friendly per chi non può, o non vuole, permettersi la prestigiosa RSV4 e la sua derivata: la Tuono, una hiper-naked altrettanto hiper-costosa. Dopodiché, un vuoto che si riempie solo sulle piccole 125cc. Sul lato scooter: due modelli, di cui uno di rebadging.

Sotto questo profilo, la scommessa della RS660 si fa ancora più gravosa di quella della RSV4. Nessuno mette in dubbio la qualità dei prodotti Aprilia. Ora però non si tratta solo di rilanciare il marchio in termini di eccellenza e prestigio. Ma anche in termini di volumi di vendite e disponibilità di modelli a listino, in grado di soddisfare le esigenze dell’attuale mercato, molto diverso da quello di vent’anni fa.

Da Noale fanno sapere che dalla base costruttiva della RS nasceranno una naked (Tuono660), e un’icona del passato: la Tuareg660. I due modelli affiancheranno la RS tra il 2021 e il 2022. Basterà? E la RS660, da sola, riuscirà a tracciare la strada del rilancio?

Uno sguardo in famiglia

Provando ad allargare la prospettiva sull’intero Gruppo Piaggio, di cui Aprilia fa parte, notiamo come un anno prima del debutto della RS660, la Moto Guzzi abbia commercializzato la V85TT. Una dual-sport di media cilindrata che sembra assolvere lo stesso compito della nuova sportiva di Noale: rivitalizzare la casa di Mandello senza sfidare apertamente la concorrenza, ma defilandosi.

Benché, diversamente dalla RS660, la V85TT sia una moto molto in linea coi trend di mercato, si discosta dalle sue concorrenti in piccoli, ma decisivi ed essenziali, dettagli.

Le linee classiche e retrò la distinguono dallo stile futuristico e spigoloso delle giapponesi o delle austro-tedesche. Mentre la trasmissione a cardano e il motore “medio” (con raffreddamento ad aria), la differenziano da qualsiasi altra moto della medesima categoria.

La V85TT è una moto che fa categoria a sé. Rifacendosi alla tradizione della casa di Mandello (nelle linee, nei motori, nei colori), stuzzica i vecchi appassionati del marchio, ma punta a conquistarne di nuovi, reinterpretando a suo modo un settore ormai gravido di concorrenza.

Stesso ruolo

L’Aprilia RS660 sembra assolvere lo stesso compito: reinterpretare la tradizione sportiva di Noale, proiettandola nel futuro. I colori scelti richiamano l’eccentricità che ha caratterizzato le moto e gli scooter prodotti negli anni Novanta. La cilindrata “piccola” permette alla moto di essere sia un modello entry-level, sia un mezzo in grado di far divertire un motociclista di ritorno o appassionato del settore.

Gli ingredienti per strizzare l’occhio a chi con i mezzi Aprilia ci è cresciuto ci sono tutti. Ma se questi saranno utili a conquistare il cuore dei giovani piloti, è ancora presto per dirlo.

Durante il suo picco, l’Aprilia era impegnata su tutti i fronti nelle competizioni motociclistiche, con successo dentro e fuori la pista. Oggi non è più impegnata nella Superbike, di listino offre poco rispetto alla concorrenza, ma nel Motomondiale sta pian piano raccogliendo i frutti di un lungo lavoro col pilota Aleix Espargarò.

La scommessa dunque raddoppia: rilanciare il marchio con una moto in grado di ridare lustro anche a uno dei reparti corse più titolati al mondo.

Base corse

Per quest’ultimo proposito, l’Aprilia ha in programma, dal 2021, il Trofeo FMI Aprilia RS 660. Un campionato monomarca in continuità al CIV – Aprilia Sport Production, che si corre con la RS 250 (realizzata da Aprilia in collaborazione con Ohvale), indirizzato a piloti giovanissimi (a partire da 11 anni.)

Il trofeo RS660 si inserisce dunque all’interno della collaborazione tra la Federazione Motociclistica Italiana e l’Aprilia, per far crescere i talenti del motociclismo nostrano. Un impegno nobile e importante per l’azienda veneta, ma che rimane circoscritto a una nicchia di appassionati e addetti al settore. Non è detto che influirà direttamente sulle vendite del prodotto a listino, come possono fare competizioni ufficiali più in vista Le quali, però vivono una crisi esistenziale.

Cosa si dice della RS 660

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Una Aprilia RS660 in pista

Alla RS660 non resta che giocare il tutto e per tutto in strada, nell’uso quotidiano. Le impressioni di chi l’ha provata, ad oggi, sono positive, e da tutti viene rimarcato l’equilibrio che gli ingegneri Aprilia sono riusciti a ottenere.

Peter Jackson, della rivista americana Robb Report, l’ha definita una moto in grado di far innamorare sia piloti dilettanti che professionisti, perché fa tutto quello che ci si aspetta faccia una sportiva estrema, pur senza esserlo.

Per Nic de Sena, di Ridermagazine, è la sportiva che mancava al mercato. Potente quanto basta per l’uso su strada, comoda quanto basta per l’uso quotidiano, e divertente quanto basta per non volerla mai parcheggiare.

Ari Henning, di Revzilla, l’ha definita una moto eccellente. Nel senso che non è la solita sportiva nata per la pista a cui hanno aggiunto luci e targa. Al contrario, è una moto costruita per essere utilizzata tutti i giorni, tra città e strade extraurbane, ma progettata da chi in pista ci va e ci sa andare.

In Italia

In Italia l’accoglienza è stata altrettanto positiva. Su Motociclismo, Beppe Cucco, tra le tante note positive, evidenzia l’estrema leggerezza della moto e l’ampio raggio di sterzata. Due caratteristiche importanti quando la si utilizza tutti i giorni.

Francesco Paolilio di Moto.it invece, sottolinea come la RS660 sia una moto comoda anche per piloti alti, nonostante le sue dimensioni molto compatte. Forse meno comodo è il passeggero, ma questo è un difetto di tutte le sportive.

Le parole di elogio fanno sempre piacere, ma se agli apprezzamenti non seguono le vendite (e il post-vendita, soprattutto), la scommessa sarà vinta a metà. I numeri, per ora, sembrano essere a favore. La moto è entrata in preordine il 12 ottobre 2020 e la richiesta è stata così alta che Aprilia ha dovuto chiudere gli ordini prima del 15 novembre 2020, come preventivato. Dato il periodo storico, non c’è di che lamentarsi.

Le due C

Se a stretto giro seguiranno anche la Tuono e la Tuareg, e Aprilia potenzierà la sua presenza tanto sportiva quanto territoriale (le due C: concessionarie e competizioni), potrebbe riconquistare la fiducia di tutti quegli estimatori del marchio che, negli anni, si sono allontanati. Non per “mancato patriottismo”, come tanti, superficialmente, sostengono, ma per una direzione aziendale poco lungimirante e confusa, che da un lato ha puntato su un prestigio elitario nei prezzi e nei contenuti; dall’altro nell’anonimato di proposte.

La sua scommessa però non è l’unica sul mercato. Anche la Triumph sta puntando su questa cilindrata. Per il 2021 ha presentato la Trident, una piccola e agguerrita naked dai costi contenuti (circa 8 mila euro) e stile italo-inglese: è disegnata da Rodolfo Frascoli, ed è, probabilmente, la prima di una famiglia basata sul nuovo motore tre cilindri in linea dell’azienda inglese, che ospiterà anche una crossover e una sportiva turistica, andando dunque a competere direttamente con la nuova linea media di Noale. Staremo a vedere.


[in copertina, foto promozionale dell’Aprilia RS660]

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